Event in: Italia
An evening in Bocconi
At Università Bocconi, Milan on 15 Mar 2016in The Great European Disaster Movie
“Quanti di voi pensano che l’Europa Unita sia davvero sul punto di implodere?”. Dopo un po’ di brusio, una alla volta, una dozzina di mani si alza. Siamo in un’aula gremita, all’Università Bocconi, e si sono appena riaccese le luci dopo la fine della proiezione di “The Great European Disaster Movie”. Ma facciamo un passo indietro.
“Quanti di voi pensano che l’Europa Unita sia davvero sul punto di nascere?”. Se nel 1950 Schuman avesse posto questa domanda ad un gruppo di persone riunite nel suo studio, poco prima di pronunciare la sua famosa dichiarazione, quante mani si sarebbero alzate?
Possiamo immaginare che pochi fossero consapevoli che di lì a qualche ora avrebbe preso il via il processo di integrazione europea che avrebbe consegnato al continente uno straordinario periodo di pace, prosperità e sviluppo. E’ sempre difficile prevedere grandi cambiamenti storici, anche quando ci si trova alla loro vigilia, eppure a volte accade.
Se nel 1950 quei pochi visionari che avessero alzato la mano avrebbero visto il loro sogno realizzarsi, le 12 persone che oggi hanno decretato l’imminente fine dell’Europa avranno ragione o si riveleranno solo profeti di sventure?
La domanda dunque è la seguente: come e perché dal sogno di un’Europa unita si è passati alla prospettiva di un’Europa nuovamente divisa?
Vicina o distante, democratica o autoritaria, culturalmente coesa o frammentata. Il quadro che emerge dal dibattito che segue il film è ricco ma contraddittorio e la sensazione è che ci si trovi di fronte ad un’Europa quantomeno spaesata, in cerca della sua identità.
Sdraiata su un ipotetico lettino da psicanalisi, davanti al pubblico dell’evento organizzato da European Generation e RENA, l’Europa ricerca quindi se stessa, interrogata dai suoi giovani cittadini.
C’è chi si chiede se davvero esista un’identità comune a tutti gli europei, figli innegabilmente di nazioni dalla storia forte ed autonoma. Per centinaia di anni queste nazioni si sono armate le une contro le altre, paradossalmente combattendosi con le tecnologie scambiatesi poco prima, e difendendo religioni, ideologie o valori che spesso venivano da lontano.
Questo perché le nazioni non si sono solo incontrate al fronte, ma anche, e soprattutto, nelle università, nei grandi porti del mediterraneo, nei circoli politici ed artistici. Di fatto gran parte degli avvenimenti nazionali sono stati il riflesso di un qualcosa avvenuto nel resto d’Europa, oppure l’hanno a loro volta influenzata.
Il rinascimento fiorentino, la rivoluzione francese o l’invenzione della macchina a vapore dimostrano che i confini nazionali non sono riusciti ad impedire la diffusione delle idee e la formazione della cultura europea che ci rende tutti figli di Mozart e Shakespeare, Leonardo e Marie Curie.
Tuttavia, apparentemente, proprio la comunità Europea che dovrebbe promuovere e garantire la libera circolazione di cittadini e quindi di storie ed esperienze viene percepita come un’istituzione lontana, eccessivamente complicata e a tratti persino poco democratica.
Si è discusso di come coinvolgere maggiormente gli europei, se sia possibile ottenere maggiore partecipazione chiedendo loro di esprimere la propria opinione con referendum più frequenti o adottando una forma di voto elettronico che avvicini l’Unione Europea alla quotidianità. L’intenzione è che gli obiettivi dell’Europa tornino ad essere più sentiti e condivisi dai cittadini che in un momento di crisi collettiva hanno perso di vista il senso di unire le forze e le individualità per il benessere comune, ma anche per la ricchezza che deriva dal confronto.
Per sua natura l’Unione è un grande progetto, ancora oggi ben lontano dall’essere concluso. Ed è un progetto di notevole complessità, come ci si può del resto attendere da un’istituzione che è chiamata a rappresentare una Comunità di mezzo miliardo di persone. Ed inevitabilmente, per via di questa complessità, rispondere agli slogan populistici di chi fornisce risposte semplici a problemi incredibilmente articolati può essere molto difficile.
L’unica vera speranza sta però nel non perdere il quadro d’insieme del progetto europeo, che 70 anni fa era soltanto un grande sogno dorato, ma che oggi è un grande e vivo cantiere di pace, prosperità, uguaglianza e diritti.
Al termine del dibattito, una cosa era certa: mai come oggi il pericolo della fine dell’Europa è reale. Mai come oggi chi avesse sollevato la mano nello studio di Schuman potrebbe aver sbagliato le proprie previsioni, e chi invece le ha alzate oggi potrebbe avere ragione. Per questo è indispensabile che chi ancora crede nel progetto europeo sia pronto a difenderlo. È la partecipazione il vero possibile paracadute dell’ultima scena del film: siamo ancora in tempo per salvare noi stessi, salvando l’Europa.
Questo è l’appello lanciato con forza dai partecipanti al panel del dibattito: Francesco Laera, capo dell’ufficio stampa della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea; Piero Stanig, professore dell’Università Bocconi, Federico Calciolari, presidente di European Generation e Davide Agazzi, socio lavoratore di RENA.
Autori: Federico Calciolari, Sara Isabella Scuri